Stupro Roma, tassista violentata da Borgese: “Perché non è in carcere?”

“Perché la persona che mi ha fatto male nel profondo non è in carcere? Perché, nonostante la mia denuncia, il processo e la condanna in più gradi di giudizio ha potuto reiterare il reato?”. Sono le domande che la tassista violentata nel 2015 a Roma da Simone Borgese affida all’Adnkronos attraverso l’avvocato Cristian Malaguti che la aveva rappresentata come parte civile nel procedimento contro il giovane di nuovo arrestato per aver stuprato una studentessa.

“Vorrei sapere cosa è stato fatto durante il periodo della detenzione (oltre al laboratorio di teatro) per ‘riabilitarlo’ – chiede la tassista – vorrei sapere se la perizia psichiatrica può esser fatta solo per stabilire eventuale incapacità di intendere e di volere o anche per stabilire che è un soggetto pericoloso. Perché di questo si tratta, è pericoloso e vigliacco, magari a causa della sua infanzia difficile (ovviamente non vuole essere un tentativo di trovare per lui una giustificazione) e tutto quello che è successo non lo ha fermato. Ciò che vorrei – continua la donna – è la garanzia che sia messo nella condizione di non poter far più del male a nessuno. Non so se posso avere questa garanzia, dalle istituzioni, dai giudici, dalle forze dell’ordine e dalla politica che parla tanto di reprimere i reati di genere, e poi non si pone il problema che quando la pena è stata scontata, questi soggetti non sono per niente recuperati e tornano a violare i più deboli”.

“Non mi pento di aver denunciato quella persona – conclude – anche se non è stato facile sostenere il processo. Oggi sono molto amareggiata e scossa”. (di Silvia Mancinelli)

(ADNKRONOS)